La transessualità nello sport da sempre è oggetto di dibattito anche acceso. Tante le domande a cui bisogna ancora dare una risposta.
Essere transessuale significa semplicemente aver riconosciuto il nostro diritto e desiderio di rifiutare il sesso con cui siamo perché ci identifichiamo con quello opposto. Per questa ragione, tali persone si sottopongono per anni a trattamenti psicologici assumendo farmaci per cambiare le loro caratteristiche fisiologiche e solo alla fine fanno un intervento chirurgico volto al cambio del sesso. Ma è veramente così semplice questo percorso?
Essere transessuale al giorno d’oggi non è semplice, in Italia così come nel resto del mondo. Sono molteplici le questioni ancora da affrontare e i problemi sembrano purtroppo essere lontano da una soluzione. Tante perciò le avversità che una persona transessuale deve attraversare durante la sua vita, fin dalla prima infanzia. Spesso vittime di discriminazione, di solito sono comunemente associate a persone diverse. In molti poi fanno confusione tra transessuale e omossessuale. Occorre però precisare che essere transessuali non implica necessariamente anche provare attrazione sessuale per persone dello stesso sesso.
Mesi fa ha tenuto banco per diverso tempo sui giornali la diatriba tra politici su quale bagno pubblico dovesse usare un transessuale: quello adatto al sesso che ritiene di essere o quello con cui la persona è nata? Stessa polemica si ritrova anche negli spogliatoi degli sport di squadra. Problemi anche nelle competizioni dove ancora non è stato deciso in quale competizioni fa gareggiare i transessuali: ovvero, con gli uomini o con le donne. Problemi anche per la loro partecipazione al famoso concorso di bellezza Miss Italia che dovrebbe celebrare la bellezza delle giovani ragazze nostrane. Ovviamente questo riguarda quei transessuali che hanno fatto il percorso di transizione da maschio a donna. Chissà se anche in questo campo verrà introdotto il criterio usato alle Olimpiadi.
Il 2003 è l’anno di svolta per i transessuali nello sport. Il Comitato Olimpico internazionale decise infatti di permettere la partecipazione ai giochi anche ai transgender purché avessero completato la loro transizione e iniziato la terapia ormonale almeno due anni prima dell’intervento. Nel 2015 la legislazione è ulteriormente mutata. Infatti, adesso è il livello di testosterone per litro presente nell’organismo dell’atlate a stabilire la categoria di partecipazione.
È stato stabilito che se tale livello non super ai 10 nanogrammi per litro, l’atleta transgender potrà gareggiare nelle competizioni femminile. Negli altri casi, gareggerà in quelle maschili. Tale dichiarazione deve però essere fatta almeno un anno prima dell’inizio delle Olimpiadi e poi tali atleti devono dichiarare il loro sesso e mantenere tale dichiarazione almeno per 4 anni. Il Comitato Paralimpico Internazionale, invece, non ha ancora delle linee guida sulla partecipazione dei transgender portatori di handicap. La scelta è quindi è stata lasciata alle singole federazione sportiva internazionale.
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