Il Governo prepara alcune manovre che riguardano le pensioni minime e il limite minimo con incentivi per il prolungamento dell’attività lavorativa
Il governo pianifica un intervento per aumentare le pensioni minime oltre i 621 euro dal 2025, confermando anche le misure per il prolungamento volontario dell’attività lavorativa.
Sono questi i due aspetti principali sui quali i tecnici del governo Meloni sono al lavoro. L’obiettivo è garantire maggior sostegno ai pensionati con assegni bassi, ma si lavora anche sul taglio del cuneo fiscale e il sostegno alle famiglie in difficoltà.
Il governo al lavoro sulle pensioni minime
Secondo le informazioni trapelate dalle riunioni del direttivo, l’esecutivo punta a confermare gli incrementi già stabiliti per il biennio 2023-2024, durante il quale le pensioni minime sono state elevate a 614,77 euro.
LEGGI ANCHE – Chiara Ferragni, la procura di Milano chiude le indagini: cosa rischia l’influencer
Tuttavia, l’idea sarebbe quella di andare anche con un ulteriore aumento che includa anche la rivalutazione rispetto all’inflazione, stimata intorno all’1%. Questo ulteriore rialzo potrebbe portare le pensioni minime a 625,83 euro mensili, con un impegno finanziario di circa un miliardo di euro.
Pensioni minime, ulteriori ritocchi
Il piano del governo non si fermerebbe qui. Tra le ipotesi in discussione, si valuta la possibilità di innalzare le pensioni minime fino a 630 se non addirittura fino 650 euro.
LEGGI ANCHE – Dengue, aumentano i casi in Italia: focolaio nelle Marche
L’obiettivo è in particolare di Forza Italia che proposto un progetto per raggiungere questa cifra, mirando a offrire un segnale più forte ai pensionati che vivono con assegni ridotti e al di sotto della soglia di povertà che in alcune città – Milano su tutte – è di gran lunga superiore.
Incentivi per chi resta al lavoro
Oltre all’aumento delle pensioni minime il Governo vorrebbe confermare le regole attualmente in vigore per l’uscita dal mondo del lavoro. Le misure Ape sociale, Opzione donna e Quota 103 – quest’ultima permette di andare in pensione con 62 anni di età e 41 anni di contributi – continueranno a rappresentare le principali modalità di pensionamento anticipato.
LEGGI ANCHE – Nanni Moretti colpito da infarto: “Sto bene, e presto starò anche meglio”
Ma sul fronte dell’ingresso in pensione si studiano anche soluzioni per rendere più vantaggioso per i lavoratori restare attivi nonostante il maturamento dei requisiti per il pensionamento. Tra le opzioni considerate, vi è la possibilità di esenzione fiscale o riduzione della tassazione per coloro che scelgono di ricevere in busta paga la quota di contributi previdenziali, equivalente al 9,19% della retribuzione. Chi vorrà potrà restare al lavoro.
In pensione più tardi
Questa misura, in passato definita come Bonus Maroni, fino a oggi non aveva riscosso grande successo finora, ma l’esecutivo sta cercando di renderla più appetibile.
LEGGI ANCHE – Inchiesta ultras, l’indagine si allarga: svelate nuove intercettazioni di Fedez ed Emis Killa
Tra le nuove ipotesi al vaglio, si valuta di permettere il mantenimento della quota pensionistica piena per chi decide di prolungare la propria carriera lavorativa. Questa opportunità potrebbe essere estesa anche a coloro che hanno già maturato 42 anni e 10 mesi di contributi, ampliando così la platea di lavoratori interessati.
Due piani d’azione
Il piano del governo per il 2025 si concentra su due principali linee d’azione: migliorare le condizioni dei pensionati con assegni minimi e incentivare chi desidera continuare a lavorare nonostante abbia già i requisiti per il pensionamento. Questi interventi fanno parte di un pacchetto di misure che l’esecutivo intende presentare nella Legge di Bilancio, confermando l’impegno a sostegno dei più deboli e dell’economia.