La conferma della morte di Yahya Sinwar, ucciso dalle forze israeliane durante un attacco nella striscia di Gaza, apre a nuovi sviluppi il conflitto a cavallo della striscia di Gaza
La notizia della morte di Yahya Sinwar è stata confermata sia da Israele, che ha proceduto al riconoscimento del corpo con il test del DNA e il calco dentale, ma anche da fonti ufficiose palestinesi che pare avrebbero già chiesto a Tel Aviv la restituzione del corpo dell’ormai deceduto leader di Hamas.
Una caccia, quella di Israele a Sinwar, considerato il pericolo pubblico numero uno, l’integralista irriducibile che voleva una guerra totale a Israele, durata per oltre un anno.
Chi era Yahya Sinwar
Era stato proprio Yahya Sinwar, 61 anni, a predisporre l’attacco del 7 ottobre 2023 a Re’Im,quando un commando palestinese fece irruzione all’alba durante il festival dance Supernova uccidendo almeno 360 persone, freddate a colpi di fucile – alcuni dei quali con colpi alla testa dopo che si erano già arresti – e rapendone almeno una cinquantina, alcune delle quali sono decedute in quest’anno di prigionia.
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Sinwar viveva nascosto da molti mesi mostrandosi pochissime volte in pubblico. Secondo le immagini diffuse da Israele si spostava con un vero e proprio scudo umano composto in gran parte da alcuni degli ostaggi rapiti lo scorso anno e protetto da una guardia del corpo personale armata fino ai denti.
Ucciso con pochi uomini di scorta
Si diceva che Sinwar trascorresse gran parte del suo tempo nascosto nei tunnel sotto la striscia ma stando alle ultime notizie sembra che abbia trovato la sua fine in un incontro fortuito con una pattuglia israeliana nel sud di Gaza mentre si stava spostando senza scudo umano e con pochi uomini di scorta all’aperto, tra una casa e l’altra.
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Il suo gruppo di guardia era ridotto all’osso e nessun ostaggio sarebbe stato trovato dalle forze israeliane che hanno presidiato il luogo dell’ultimo attacco fino alla conferma della morte del leader di Hamas, che poi è stato recuperato e trasferito a Tel Aviv.
Yahya Sinwar, un anno nascosto
Israele aveva annunciato per la prima volta di avere aperto una indagine sulla possibilità che Yahya Sinwar fosse stato ucciso a Gaza ieri pomeriggio. Pochi minuti dopo l’annuncio alcune immagini pubblicate sui social media mostravano il corpo di un uomo con caratteristiche molto simili a quelle del leader di Hamas, che aveva subito gravi ferite alla testa. Immagini troppo dure per essere diffuse. E nel contempo le autorità israeliane avevano informato avvertito che ” non si poteva confermare l’identità di nessuno dei tre uomini uccisi.
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Solo un paio d’ore più tardi alcune fonti israeliane ufficiale hanno riferito inizialmente alla BBC che i leader erano sempre più fiduciosi di avere colpito Sinwar, confermando la notizia poco più tardi, quando i test effettuati sulla salma recuperata dopo il conflitto a fuoco erano ormai ufficiali.
La conferma della morte di Yahya Sinwar
La notizia della morte di Sinwar viene inizialmente diffusa nei notiziari israeliani di ieri sera e approfondita con diversi ulteriori speciali. Poco dopo da Tel Aviv arrivano altre immagini con gruppi di persone festanti che celebrano la morte del leader militare avversario con cori e caroselli. Nessuna conferma invece da parte di Hamas guarda mio stai che si trova ora a dover affrontare un periodo problematico di delegittimazione e senza un leader ufficiale.
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Sinwar era in fuga da oltre un anno. Indubbiamente aveva sentito crescere la pressione israeliana dopo che altri leader di Hamas come Mohammad Dief e Ismail Haniyeh, erano già stati uccisi e mentre Israele distruggeva le infrastrutture che lo stesso Sinwar aveva utilizzato per orchestrare le atrocità del 7 ottobre dello scorso anno.
Le prime parole di Hamas
I primi commenti ufficiali da parte di Hamas vengono diffusi solo questa mattina, poche parole affidate ai siti e alle pagine social dell’organizzazione palestinese che inneggia al movimento confermando l’intenzione di proseguire nelle azioni militari anche nel nome del leader ucciso “per dare un senso al suo martirio…” è scritto letteralmente all’interno dei messaggi diffusi online.
Una nuova fase della guerra
La morte di Yahya Sinwar è il più grande successo ottenuto finora da Israele nella guerra contro Hamas a Gaza.
La sua uccisione rappresenta un colpo significativo per Hamas, l’organizzazione che Sinwar aveva trasformato in una forza militare capace di infliggere la più grande sconfitta della storia dello Stato di Israele.
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Benjamin Netanyahu, primo ministro di Israele, ha lodato i soldati sottolineando che, nonostante l’importanza di questa vittoria, la guerra non sia ancora finita.
Parla Netanyahu
“Oggi abbiamo dimostrato ancora una volta cosa accade a chi ci colpisce. Abbiamo mostrato al mondo la vittoria del bene sul male. Ma la guerra, miei cari, non è ancora finita. È difficile e ci sta costando molto. Nuove grandi sfide ci attendono ancora. Abbiamo bisogno di resistenza, unità, coraggio e determinazione. Combatteremo insieme e, con l’aiuto di Dio, vinceremo insieme” dice il oprimo ministro israeliano confermando la mnorte del leader di Hamas.
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Il primo ministro aveva ripetuto più volte i suoi obiettivi di guerra: distruggere Hamas come forza militare e politica e riportare a casa gli ostaggi. Al momento nessuno di questi due obiettivi è stato ancora raggiunto, nonostante un anno di guerra che ha causato la morte di almeno 42mila palestinesi lasciando gran parte di Gaza in rovina.
Chi era Sinwar
Yahya Sinwar era nato nel 1962 in un campo profughi a Khan Younis, nella Striscia di Gaza. Aveva cinque anni quando il territorio fu conquistato da Israele all’Egitto nella guerra del Medio Oriente del 1967. La sua famiglia era tra quelle – oltre 700mila persone – che fuggirono o furono espulse dalle loro case dalle forze israeliane durante la guerra del 1948, quando Israele ottenne l’indipendenza. La sua famiglia proveniva dalla città ora conosciuta come Ashkelon, vicino al confine settentrionale della Striscia di Gaza.
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Negli anni ’80, Sinwar fu condannato da Israele per l’uccisione di quattro informatori palestinesi. Durante i 22 anni di prigionia, imparò l’ebraico, studiò i suoi nemici e sviluppò la sua strategia per combatterli. La sua permanenza in carcere permise inoltre a Israele di ottenere un campione del suo DNA e le sue impronte dentali, elementi che hanno ieri permesso di identificare il suo corpo senza alcun ragionevole dubbio.
La guerra di Yahya Sinwar
Sinwar fu rilasciato come parte di uno scambio di prigionieri nel 2011, quando oltre mille detenuti palestinesi furono scambiati per un soldato israeliano, Gilad Shalit. Il 7 ottobre dell’anno scorso, Sinwar e i suoi uomini organizzarono una serie di attacchi che inflissero a Israele la peggior sconfitta della sua storia, causando un trauma collettivo che è ancora considerato uno dei giorni più bui della storia israeliana. Un episodio che molti paragonano ai danni imposti dall’olocausto nazista.
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L’esperienza di Sinwar con lo scambio di prigionieri lo aveva certamente convinto del valore e del potere di prendere ostaggi. A Tel Aviv, le famiglie degli ostaggi rimasti a Gaza, che originariamente erano una quarantina – e che secondo Tel Aviv ormai potrebbero essere in gran parte già morti – si sono riunite nella piazza dove si trovano quasi ogni giorno da un anno, chiedendo al governo di avviare una nuova trattativa per riportare a casa i propri cari.
È stata Einav Zangauker, madre di Zatan Zangauker, uno dei giovani ancora in ostaggio, a lanciato un appello al primo ministro: “Netanyahu, non seppellire i nostri ragazzi ostaggi. Per il mio Matan e per tutti gli altri ostaggi ancora prigionieri nei tunnel, il tempo è scaduto. Hai diffuso le foto della vittoria. Ora chiudi un accordo”.
Come continuerà la guerra
Molti israeliani invece ritengono che Netanyahu voglia ulteriormente prolungare la guerra per evitare di essere chiamato a rispondere delle mancanze di sicurezza che hanno permesso a Sinwar e ai suoi uomini di entrare in Israele, e per rimandare forse indefinitamente la ripresa del suo processo per gravi accuse di corruzione.
Netanyahu nega queste accuse, insistendo che solo quella che chiama “vittoria totale” contro Hamas a Gaza potrà ristabilire la sicurezza di Israele.
Al momento la guerra continua anche se sono sempre di più le voci di Israele che chiedono tregua, e una trattativa definitiva per interrompere ogni conflitto e ritorsione… Resta da capire a questo punto anche quali saranno le reazioni degli alleati di Hamas: gli Hezbollah in Libano, Iran e gli integralisti in Yemen.