La decisione di Putin di lanciare un missile balistico sperimentale potenzialmente nucleare oltre i confini dell’Ucraina ha creato uno stato di fortissima tensione senza precedente internazionale tra i due blocchi
L’attuale fase di escalation nel conflitto in Ucraina sembra destinata a segnare un nuovo punto di equilibrio mentre si avvicina il secondo mandato presidenziale di Donald Trump.
In questo contesto, la decisione di Vladimir Putin di lanciare un missile balistico sperimentale, potenzialmente nucleare, contro l’Ucraina appare come un messaggio chiaro e inquietante per l’Occidente.
Con l’insediamento di Trump previsto a gennaio, l’incertezza domina sia a Kiev che a Mosca. Entrambe le parti stanno cercando di posizionarsi al meglio, in vista di negoziati che potrebbero svolgersi sotto l’egida di un presidente statunitense dal quale ci si aspettano decisioni radicali e imprevedibili.
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Fino a qualche giorno si parlava di accordo finalmente possibile per porre fine a un conflitto che rischia invece di entrare nel suo terzo anno senza che mai una trattativa di pace sia davvero cominciata. Oggi la sensazione, dopo la caduta del missile nei pressi di Dnipro e le parole di Putin alla nazione, è completamente diversa.
I funzionari ucraini hanno espresso apertamente le loro preoccupazioni: non sanno cosa aspettarsi da Trump una volta al potere. Questa incertezza spinge Kiev a concentrarsi sulla solidificazione delle posizioni militari sul campo. Le truppe ucraine cercano di mantenere un avamposto nella regione russa di Kursk e di rafforzare le linee del fronte in altre aree critiche, con l’obiettivo di negoziare da una posizione di forza quando arriverà il momento.
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Sul fronte internazionale, anche gli Stati Uniti, rispettando quelle che sono le ultime indicazioni dell’amministrazione di Joe Biden, stanno cercando di prepararsi al cambio di leadership. Washington si sta adoperando per rendere l’Ucraina quanto più autonoma sul piano militare, incoraggiando nel contempo i partner europei a intensificare il loro sostegno al paese. Tuttavia Biden è consapevole che la situazione potrebbe precipitare rapidamente.
Alcuni funzionari americani temono che, senza il supporto continuo degli Stati Uniti, l’Ucraina possa subire un collasso militare simile a quello dell’Afghanistan.
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Questa visione pessimistica ha spinto Biden a compiere alcune mosse significative nelle ultime settimane del suo mandato. Tra queste, l’autorizzazione all’utilizzo da parte dell’Ucraina dei missili a lungo raggio Atacms per colpire obiettivi in territorio russo, l’uso di mine terrestri e il ricorso a contractor militari americani per mantenere operativi gli equipaggiamenti forniti a Kiev.
Tuttavia, tali decisioni non rappresentano un cambio di passo risolutivo e, secondo molti analisti, arrivano troppo tardi per avere un impatto decisivo. Una fornitura di armi senza precedenti che sarebbe stato proprio uno dei motivi che ha convinto Putin a lanciare il missile caduto ieri.
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Si chiama Orsnhnik (nocciola), ed è un ordigno balistico sperimentale ipersonico, talmente veloce da avere completamente sorpreso le forze di difesa ucraina. Un missile che diventa una vera e propria dimostrazione di forza da parte del Cremlino.
In un intervento televisivo non programmato, Vladimir Putin in un certo qual modo non ha solo confermato, ma quasi rivendicato in prima persona, la decisione del lancio… “Si tratta di una risposta ai piani americani di produrre e schierare missili a corto e medio raggio. In questo modo La Russia si riserva il diritto di usare armi contro obiettivi nei paesi che permettono l’impiego dei loro armamenti sul fronte ucraino contro target russi”.
A Washington ovviamente si respira un’atmosfera di grande preoccupazione. Soprattutto dopo che Trump ha garantito di essere in grado di porrse fine alla guerra in 48 ore. Senza però specificare come.
L’incertezza attorno all’atteggiamento che Donald Trump adotterà nei confronti del conflitto ucraino rappresenta una variabile critica. Il presidente eletto potrebbe scegliere di ribaltare le decisioni prese da Biden, bloccando gli aiuti militari o utilizzandoli come leva negoziale nei confronti di Putin.
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L’ipotesi più ottimistica è che Trump, noto per il suo approccio imprenditoriale, cerchi di ottenere il massimo vantaggio possibile dalle concessioni fatte a Mosca.
Tuttavia, i timori che Trump possa anche decidere di abbandonare l’Ucraina sono tutt’altro che infondati. Uno scenario che rischierebbe di destabilizzare ulteriormente l’Europa orientale e di compromettere equilibri geopolitici già estremamente fragili.
In questo contesto, la decisione di Putin di testare un missile balistico con capacità nucleare assume un significato particolarmente simbolico. Il lancio, avvenuto con un preavviso di soli 30 minuti, ha coinvolto un’arma basata sul modello RS-26, un missile progettato originariamente per il trasporto di testate nucleari e mai schierato operativamente. Tale mossa ha riportato alla memoria i timori degli anni ’80, quando il Trattato INF (Intermediate-Range Nuclear Forces) fu negoziato per evitare una crisi missilistica in Europa.
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Poi le parole dirette alla nazione. Nonostante il suo tono minaccioso, il leader russo ha comunque scelto di notificare in anticipo il test agli Stati Uniti, un gesto interpretato come un tentativo di evitare malintesi o escalation accidentali.
A Washington, l’amministrazione Biden ha adottato un atteggiamento apparentemente calmo, minimizzando il rischio di una minaccia nucleare imminente. Anche la decisione di chiudere temporaneamente l’ambasciata statunitense a Kiev, citando un non specificato “rischio di attacco aereo”, è stata accompagnata da rassicurazioni sul fatto che non vi siano cambiamenti significativi nella postura nucleare della Russia.
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James Acton, co-direttore del Nuclear Policy Program al Carnegie Endowment for International Peace, ha interpretato il lancio del missile come un messaggio diretto non tanto a Kiev quanto soprattutto agli Stati Uniti: “Un promemoria che i rischi di un’escalation nucleare sono ancora estremamente attuali”. Tuttavia, Acton ha sottolineato come Putin sembri poco incline a utilizzare effettivamente armi nucleari, soprattutto considerando l’imminente arrivo di Trump alla Casa Bianca, che potrebbe comportare un cambio radicale nella politica americana verso il conflitto.
Secondo molti osservatori, il lancio del missile riflette non solo la volontà di Putin di riaffermare il proprio peso geopolitico, ma anche la sua consapevolezza che l’Occidente sta affrontando una fase di transizione politica. Con Trump alla guida degli Stati Uniti, Mosca potrebbe sperare in un allentamento delle pressioni militari e sanzionatorie, soprattutto se il nuovo presidente decidesse di privilegiare un approccio negoziale.
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D’altro canto, i leader occidentali sono chiamati a trovare un difficile equilibrio tra il sostegno all’Ucraina e il contenimento del rischio di escalation. Come ha sottolineato Bill Burns, capo della CIA, durante una visita a Londra, è fondamentale non lasciarsi intimidire dalla retorica di Mosca, ma al tempo stesso monitorare attentamente ogni mossa russa per evitare sorprese.
Secondo la maggior parte degli osservatori politici il missile lanciato da Putin è sicuramente un’arma sperimentale che vuole essere una dimostrazione muscolare e di forza, atteggiamento che il leader del Cremlino adotta da sempre nei confronti dei suoi avversari. Ma anche uno strumento di pressione politica su Washington. Putin sta chiedendo a Biden di farsi da parte e a Trump di prendere una posizione chiara.
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Il tutto mentre l’Ucraina e i suoi alleati – Regno Unito in testa – cercano di rafforzare le proprie posizioni in vista di un possibile negoziato con la Russia che vuole dimostrare di essere pronta a spingere il conflitto a nuovi livelli di intensità.
L’arrivo di Trump alla presidenza degli Stati Uniti rappresenta un’incognita capace di influenzare profondamente il corso della guerra. La domanda cruciale è proprio su quello che sarà l’atteggiamento del presidente eletto. Trump sarà in grado di utilizzare la sua influenza per portare la pace, o le sue decisioni apriranno la strada a un’ulteriore destabilizzazione?
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