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Omicidio Cecchettin, ergastolo per Filippo Turetta | I dettagli di una sentenza che scuote l’Italia

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Stefano Benzi

La Corte d’Assise di Venezia ha condannato in primo grado Filippo Turetta all’ergastolo per l’omicidio di Giulia Cecchettin, una sentenza che chiude un processo intenso sollevando riflessioni sulla prevenzione della violenza di genere

Ore 16.07. Dopo sei ore di camera di consiglio suona il campanello dell’aula della Corte d’Assise di Venezia teatro del processo per l’omicidio di Giulia Cecchettin.

Filippo Turetta, condannato all’ergastolo – Credits ANSA (QNM)

La sentenza, letta dal presidente Stefano Manduzio, rappresenta il punto di arrivo di un processo breve ma incisivo, durante il quale i giudici hanno accolto le richieste della Procura. Pochi secondi per condannare Turetta all’ergastolo escludendo due attenuanti: crudeltà e stalking.

Ergastolo per Filippo Turetta

Il pubblico presente ha un sussulto, un leggerissimo rumore di fondo che il presidente interrompe con uno sguardo. Gli uscieri si erano già raccomandati in aula nel mantenere la massima compostezza e il silenzio alla lettura della sentenza.

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Sebbene siano state escluse le aggravanti di crudeltà e stalking, le accuse di omicidio premeditato, sequestro di persona e occultamento di cadavere sono state confermate. Turetta, reo confesso, ha seguito il procedimento senza mai mostrare particolari emozioni, mantenendo un atteggiamento freddo e distaccato anche durante la lettura del verdetto.

Un delitto premeditato: la ricostruzione

Il femminicidio di Giulia Cecchettin ha sconvolto il Paese per la sua crudeltà e per la lucida pianificazione che lo aveva preceduto. Filippo Turetta, compagno di studi di Giulia e suo ex fidanzato, aveva mostrato comportamenti ossessivi già dopo la fine della loro relazione, avvenuta nel luglio 2023. Il ragazzo aveva tentato di tutto per trattenerla con sé. Al punto da scatenare in Giulia una certa autodifesa. La ragazza è stata descritta dagli amici come preoccupata per le condizioni dell’ex fidanzato, ma anche turbata da un comportamento sempre più ossessivo e compulsivo.

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La Procura ha descritto le azioni di Turetta come “manipolatorie”. Il giovane voleva controllare ogni aspetto della vita della ragazza, inviandole centinaia di messaggi al giorno, minacciando il suicidio e cercando costantemente di suscitare in lei sensi di colpa per la fine della loro relazione.

La notte dell’omicidio

Filippo Turetta dopo una lunga fuga in auto verso nel corso della quale le tracce di Giulia si erano completamente perse facendo temere il peggio, ha confessato l’omicidio dando una serie di dettagli davvero raccapriccianti di quanto accaduto. Il delitto secondo la ricostruzione viene collocato l’11 novembre 2023 a Fossò, in provincia di Venezia.

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La sera dell’11 novembre 2023, la situazione è degenerata. Dopo un’accesa lite nei pressi dell’abitazione di Giulia, a Vigonovo, Turetta ha costretto la giovane a salire in auto. In una sosta del tragitto, per strada, l’ha colpita con 75 coltellate: 25 le ferite da difesa che Giulia avrebbe cercato di parare, a testimoniare il disperato tentativo della ragazza di mettersi in salvi. Successivamente, ha abbandonato il corpo nei boschi vicino al lago di Barcis tentando una fuga improvvisata verso la Germania, interrotta pochi giorni dopo dall’arresto.

Gino Cecchettin durante il commento della sentenza all’ergastolo per l’omicidio della figlia Giulia – Credits ANSA (QNM)

Ergastolo per Turetta: omicidio premeditato

In realtà l’idea dell’omicidio era maturata in Filippo Turetta da tempo. In macchina aveva tutto. Coltello, corde, scotch, nastro isolante, sacchi. Una preparazione metodica e lucidissima che ha portato alla convalida dell’aggravante della premeditazione.

Il processo: rapido ma intenso

Il processo contro Filippo Turetta si è svolto in modalità abbreviata, con il consenso della difesa e della Procura. Questo ha permesso di evitare l’ascolto di testimoni e ulteriori consulenze tecniche, riducendo significativamente i tempi delle udienze.

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La Procura ha definito il delitto come “l’ultimo atto di controllo” esercitato da Turetta sulla giovane. La premeditazione è stata dimostrata attraverso numerosi elementi, tra cui appunti trovati in possesso dell’imputato che dettagliavano il piano dell’omicidio: coltelli, nastro adesivo per immobilizzare la vittima, cartine per la fuga e denaro contante.

Ergastolo per Turetta: due le aggravanti non riconosciute

Inutile il tentativo della difesa di Turetta, rappresentata dagli avvocati Giovanni Caruso e Monica Cornaviera, di evitare l’ergastolo definendolo una pena “inumana”. Tuttavia, i giudici della Corte d’Assise di Venezia hanno respinto questa tesi, ritenendo l’ergastolo l’unica condanna adeguata alla gravità dei reati commessi.

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La sentenza riconosce la premeditazione. Ma non la crudeltà e lo stalking. E ha previsto anche l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e il risarcimento alle parti civili: 500 mila euro al padre di Giulia, Gino Cecchettin, 100 mila ciascuno ai fratelli Elena e Davide, e 30 mila euro alla nonna Carla Gatto e allo zio Alessio.

La toimba di Giulia, stracolma di fiori – Credits ANSA (QNM)

Le reazioni in aula

Le reazioni in aula hanno evidenziato il profondo dolore e la devastazione causati da questo caso. Filippo Turetta ha ascoltato la lettura della sentenza senza alcuna reazione apparente: testa bassa e occhi chiusi, ha mantenuto un atteggiamento di totale distacco per lasciare l’aula accompagnato dagli agenti di polizia penitenziaria pochi secondi dopo la lettura della sentenza. Anche il suo avvocato Giovanni Caruso ha lasciato l’aula senza dichiarazioni.

Ergastolo Turetta: le parole di Gino Cecchettin

Il padre di Giulia, Gino Cecchettin, ha rilasciato dichiarazioni toccanti: “Abbiamo perso tutti come società. È stata fatta giustizia se così possiamo dire, rispetto la decisione dei giudici. Ma oggi possiamo dire che non vince nessuno, e che a perdere è tutta la società. Io ho perso una figlia: la violenza di genere non si combatte con le pene. Servono prevenzione e consapevolezza per cambiare questa cultura.”

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Gino Cecchettin ha anche raccontato di avere stretto la mano all’avvocato di Turetta che si era battuto per evitare l’ergastolo: “Ha fatto il suo lavoro, lo capisco, e lui avrà capito me che come padre ho espresso fastidio di fronte alle sue parole. Gli ho stretto la mano per un senso di pace alla fine di un processo che è stato doloroso e difficile per tutti. Sicuramente anche per lui”.

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Anche la nonna di Giulia, Carla Gatto, ha espresso il suo dolore: “Non c’è soddisfazione in una sentenza. Ci portiamo il dolore nella tomba.” Parole riflettono il senso di perdita e impotenza che accompagna i familiari delle vittime di femminicidio.

Il ricordo di Giulia Cecchettin

Giulia Cecchettin era una studentessa brillante, prossima alla laurea in Ingegneria biomedica presso l’Università di Padova. Viveva a Vigonovo con il padre Gino, la sorella Elena e il fratello Davide. La madre era deceduta nel 2022 al termine di una grave malattia.

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Nel nome di Giulia il padre ha creato una fondazione: “Da domani tornerò a occuparmi a tempo pieno di questo…” ha detto l’uomo al termine del processo, rispondendo pazientemente a tutte le domande dei numerosi cronisti presenti.

Le riflessioni sulla prevenzione della violenza di genere

Il caso di Giulia Cecchettin ha riacceso il dibattito sulla necessità di prevenire la violenza di genere. Come sottolineato da Gino Cecchettin, il vero cambiamento può avvenire solo attraverso la prevenzione e l’educazione.

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Organizzazioni e associazioni che combattono la violenza sulle donne hanno ribadito l’importanza di interventi tempestivi per riconoscere e affrontare comportamenti manipolatori e ossessivi. Il caso di Giulia dimostra quanto sia fondamentale sensibilizzare la società su questi temi, affinché tragedie simili possano essere evitate in futuro. Nel giorno stesso della sentenza che sancisce l’ergastolo per Filippo Turetta si indaga su almeno altre tre morti sospette, donne decedute o scomparse in modo molto incerto e sospetto.

Filippo Turetta, sempre presente in aula durante il processo – Credits ANSA (QNM)

Ergastolo per Turetta: un altro caso che scuote l’Italia

La condanna di Filippo Turetta all’ergastolo è destinata a restare impressa nella memoria collettiva. Non si tratta solo di una sentenza, ma di un monito per tutti: la violenza di genere è una piaga che richiede un impegno comune per essere sradicata.

La storia di Giulia Cecchettin è una tragedia che non si sarebbe mai dovuta verificare, ma la sua memoria può diventare un simbolo di cambiamento. La società è chiamata a fare di più, non solo attraverso il sistema giudiziario, ma anche promuovendo una cultura di rispetto e parità.

Stefano Benzi

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