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Yoon Suk Yeol, chi è il presidente al centro della crisi politica in Corea del Sud

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Stefano Benzi

Yoon Suk Yeol, presidente della Corea del Sud, è al centro di una crisi politica senza precedenti dopo la dichiarazione e il successivo ritiro della legge marziale. Ecco un focus di questo leader controverso…

È durata solo sei ore la legge marziale in Corea del Sud. Annunciata nel cuore della notte, respinta dal parlamento con voto unanime e ritirata poco dopo dallo stesso presidente che l’aveva annunciata per ‘preservare il paese’.

Yoon Suk Yeol, presidente della Corea del Sud dal 2022 – Credits ANSA (QNM)

Il presidente è Yoon Suk Yeol, un ex procuratore eletto presidente della Corea del Sud nel 2022, portando con sé l’immagine di un outsider politico deciso e inflessibile.

Chi è Yoon Suk Yeol

Nato a Seoul nel 1960, Yoon ha costruito la sua carriera come procuratore, indagando su importanti casi di corruzione che hanno scosso la politica sudcoreana, inclusi quelli che hanno portato all’impeachment dell’ex presidente Park Geun-Hye.

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La sua determinazione e il suo approccio diretto gli hanno guadagnato il favore di molti cittadini, che lo vedevano come un uomo nuovo, capace di portare un cambiamento in un sistema politico spesso percepito come corrotto. Tuttavia, la sua inesperienza politica e il suo stile autoritario sono emersi rapidamente come punti deboli, gettando ombre sul suo mandato.

La legge marziale: un tentativo di svolta autoritaria

La decisione, molto improvvisa e non annunciata, di Yoon Suk Yeol di dichiarare la legge marziale ha rappresentato il punto più critico del suo mandato. La legge marziale, che assegna poteri straordinari all’esercito, sospende le attività parlamentari e consente arresti senza mandato, non veniva applicata dagli anni Ottanta, quando la Corea del Sud era ancora sotto un regime militare.

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Nel suo annuncio a sorpresa, Yoon ha giustificato il decreto come un atto necessario per proteggere la democrazia dalle “forze filo-nordcoreane” e per ristabilire l’ordine costituzionale. Tuttavia, molti osservatori hanno interpretato questa mossa come un tentativo di reprimere le opposizioni politiche e consolidare il potere. La misura ha suscitato immediatamente critiche sia a livello nazionale che internazionale, riaccendendo i timori di un ritorno a un passato autoritario.

Una reazione immediata e unitaria

La reazione del parlamento sudcoreano e della società civile non si è fatta attendere. Il parlamento, controllato dall’opposizione, si è riunito d’urgenza, approvando all’unanimità una mozione per annullare la legge marziale. Una vera e propria sconfessione del presidente Yoon. Allo stesso tempo, migliaia di cittadini si sono radunati davanti all’Assemblea Nazionale per protestare contro la decisione del presidente.

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Il leader del Partito Democratico, Lee Jae-Myung, ha definito la legge marziale un “atto incostituzionale e un crimine contro la democrazia”, chiedendo le dimissioni immediate di Yoon. Anche membri del partito conservatore al governo hanno espresso critiche, con il leader Han Dong-Hoon che ha richiesto il licenziamento del ministro della Difesa, definendo la decisione una “tragedia politica”.

Truppe nei pressi del parlamento sudcoreano – Credits ANSA (QNM)

Yoon revoca la legge marziale

La pressione combinata del parlamento, delle proteste popolari e delle divisioni interne ha costretto il presidente Yoon a revocare la legge marziale dopo meno di sei ore dalla sua proclamazione. Eppure tanta tensione non si è certo risolta anche perché questi episodi in così rapida successione ha causato la crisi politica più rapida e intensa nella storia recente della Corea del Sud, dal giorno del suo ritorno a una piena democrazia.

Le radici della crisi: tensioni politiche e personali

La crisi della legge marziale non è un evento isolato, ma il culmine di una serie di tensioni che hanno caratterizzato la presidenza di Yoon Suk Yeol. Fin dal suo insediamento, dopo aver vinto la sessione elettorale più risicata e discussa di sempre con una vittoria di nemmeno un punto percentuale, il presidente ha affrontato una costante opposizione in parlamento, controllato dal Partito Democratico, ufficialmente all’opposizione, che ha spesso bloccato le sue proposte legislative per poi avviare un procedimento di impeachment contro alcuni membri del suo governo.

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A complicare ulteriormente la situazione, alcuni scandali personali hanno minato la credibilità del presidente. La moglie di Yoon, Kim Keon-Hee, è stata coinvolta in accuse di traffico di voti, ricevendo costosi regali illeciti, tra cui una borsa Dior da un predicatore locale. Inoltre, il trasferimento dell’ufficio presidenziale dalla Blue House al compound del ministero della Difesa ha alimentato accuse di autoritarismo, rafforzate per altro proprio dalla recente dichiarazione di legge marziale.

La leadership di Yoon

Sul fronte internazionale, Yoon Suk Yeol ha adottato una linea dura verso la Corea del Nord, rafforzando i legami con gli Stati Uniti e spingendo per una maggiore deterrenza militare. Questo approccio ha rappresentato una netta rottura con il suo predecessore, Moon Jae-In, che aveva privilegiato il dialogo e la riconciliazione con Pyongyang.

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Tuttavia, il focus sulla politica estera non ha compensato le difficoltà interne. La percezione di un presidente distante e autoritario, unita a un carovita crescente e a una gestione economica criticata, ha portato la popolarità di Yoon al minimo storico. Prima della crisi dettata dall’introduzione della della legge marziale, il suo indice di gradimento era già sceso al 17%, uno dei più bassi di sempre per un presidente sudcoreano in carica.

Un futuro incerto per Yoon Suk Yeol

Dopo la revoca della legge marziale, il futuro politico di Yoon Suk Yeol appare sempre più incerto. Il Partito Democratico ha annunciato l’intenzione di avviare un procedimento di impeachment, mentre le divisioni all’interno del Partito del Potere Popolare potrebbero ulteriormente indebolire la sua posizione.

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Le critiche internazionali si sono sommate a quelle interne. Gli Stati Uniti, alleato chiave della Corea del Sud, hanno espresso “seria preoccupazione” per gli sviluppi, sottolineando l’importanza di preservare la stabilità democratica nel Paese. Anche altre nazioni della regione, come il Giappone e la Cina, stanno osservando con attenzione la situazione, consapevoli delle implicazioni geopolitiche di una Corea del Sud instabile.

Autoblindo per le strade della capitale sudcoreana – Credits ANSA (QNM)

Il bivio della democrazia sudcoreana

Una crisi che ha messo in luce le fragilità della leadership di Yoon Suk Yeol e le tensioni politiche che attraversano la Corea del Sud. Mentre il presidente cerca di mantenere il controllo, il Paese si trova davanti a un bivio: resistere alle pressioni autoritarie o intraprendere una nuova fase di instabilità politica.

La figura di Yoon Suk Yeol, una volta vista come simbolo di cambiamento e rinnovamento, rischia ora di essere ricordata come quella di un leader che ha diviso il suo Paese in un momento cruciale della sua storia democratica.

Stefano Benzi

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