La giornalista italiana Cecilia Sala, 29 anni, si trova detenuta in isolamento nel carcere iraniano di Evin dal 19 dicembre scorso, un caso internazionale provocato da un fermo avvenuto in Italia e che sta alimentando una trattativa estremamente delicata
Ore decisive per Cecilia Sala, dopo l’arresto della reporter, avvenuto senza che sia stata formalizzata alcuna accusa, un caso che è rapidamente diventat diplomatico e che ha attirato l’attenzione non solo dell’Italia, ma anche degli Stati Uniti.
Proprio gli USA hanno chiesto a Teheran il “rilascio immediato e incondizionato” di tutti i prigionieri detenuti senza giusta causa, tra i quali spicca il caso proprio di Cecilia, che era in Iran, in procinto di rientrare in Italia, per alcuni reportage con un regolare visto giornalistico.
Il caso è al centro di una complessa rete diplomatica che coinvolge Italia, Iran e Stati Uniti, con al centro la possibilità di uno scambio triangolare di detenuti.
Secondo il ministro degli Esteri Antonio Tajani, non ci sono al momento tempi ipotizzabili per il rilascio di Cecilia Sala: “La trattativa è molto delicata, non è facile. Noi facciamo tutto il possibile affinché i tempi siano brevi, ma non dipende da noi. La situazione è abbastanza complicata, ecco perché abbiamo chiesto il massimo riserbo”, ha spiegato il ministro.
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Tajani ha inoltre sottolineato che Sala si trova in buone condizioni di salute, nonostante la preoccupazione per la sua detenzione: “L’altro giorno la nostra ambasciatrice l’ha visitata in carcere, le sue condizioni di salute sono buone. Certamente è preoccupata, ma è una ragazza forte. È stata confortata dall’ambasciatrice che comunque ha visto che è in cella da sola” ha aggiunto.
Il governo italiano è in costante contatto con la famiglia della giornalista e continua a lavorare per riportarla a casa: “Il dialogo è aperto, stiamo cercando in tutti i modi di riportarla a casa il prima possibile”, ha dichiarato ancora Tajani.
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Ad oggi, non è stato formulato alcun capo d’imputazione contro Cecilia Sala. Lo ha confermato Tajani, precisando che “appena la giustizia iraniana lo comunicherà al ministero degli Esteri ufficializzeremo per quali motivi è stata arrestata. Anche se al momento non c’è alcuna evidenza…”
L’ambasciatrice italiana a Teheran ha incontrato il viceministro degli Esteri iraniano, il quale ha ribadito che non ci sono ancora accuse ufficiali nei confronti della reporter romana. Il che fa pensare: non ci sono accuse, dunque perché Teheran ha chiest l’arresto della cronista italiana?
La vicenda di Cecilia Sala ha attirato l’attenzione anche degli Stati Uniti, che hanno chiesto il rilascio immediato della giornalista e di altri prigionieri detenuti arbitrariamente in Iran. Che in tutto sarebbero alcune decine: “Sfortunatamente il regime iraniano continua a detenere ingiustamente i cittadini di molti Paesi, spesso per utilizzarli come leva politica. Non c’è giustificazione e dovrebbero essere rilasciati immediatamente”, ha dichiarato un portavoce del Dipartimento di Stato americano.
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Gli Stati Uniti hanno inoltre sottolineato l’importanza del lavoro dei giornalisti: “I giornalisti svolgono un lavoro fondamentale per informare il pubblico, spesso in condizioni pericolose, e devono essere protetti. Sono una garanzia di pluralità e di testimonianza. Purtroppo il regime di Teheran da sempre, pur concedendo i visti giornalistici, vede con estremo sospetto qualsiasi cronista, operatore o fotografo attivo sul proprio territorio nazionale. Li seguono, li pedinano, spesso li costringono nella migliore delle ipotesi ad accellerare i tempi del rimpatrio. In qualche caso li fermano…” ha aggiunto il portavoce.
Tra le possibili soluzioni per la liberazione di Cecilia Sala, si valuta l’ipotesi di uno scambio triangolare di detenuti, come già avvenuto in passato. Questo tipo di operazione prevederebbe la liberazione di prigionieri iraniani detenuti in Paesi terzi, che potrebbero tornare a Teheran solo dopo il rilascio della reporter italiana. Tuttavia, una simile strategia richiederebbe il pieno intervento e supporto degli Stati Uniti.
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Un elemento centrale di questa vicenda è la detenzione di Mohammad Abedini Najafabadi, un ingegnere iraniano arrestato all’aeroporto di Malpensa il 16 dicembre scorso su mandato della giustizia americana. Abedini è accusato di aver fornito supporto materiale al Corpo delle Guardie della rivoluzione islamica e di essere coinvolto in un attentato in Giordania nel quale morirono tre soldati statunitensi.
La detenzione di Abedini potrebbe rappresentare una leva nelle trattative per il rilascio di Cecilia Sala. Secondo alcune fonti, l’arresto della giornalista potrebbe essere stato una ritorsione per la cattura di Abedini. Tuttavia, la richiesta di estradizione avanzata dagli Stati Uniti rende la situazione ancora più complessa.
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Abedini, attualmente detenuto nel carcere di Opera a Milano, ha presentato tramite il suo legale una richiesta di arresti domiciliari. “Stiamo lavorando per ottenere una soluzione che rispetti i diritti del nostro assistito”, ha dichiarato il suo legale. I tempi per una sua eventuale estradizione verso gli Stati Uniti non sono brevi. Di qui una trattativa diplomatica che prosegue non senza difficltà e in tempi lunghi.
L’Italia, attraverso la Farnesina e le sue ambasciate, mantiene il massimo riserbo sulla vicenda. Tajani ha ribadito la necessità di non enfatizzare il caso per non compromettere le trattative in corso: “Abbiamo chiesto a tutti il massimo riserbo, di lasciare lavorare chi è operativo in questo momento, la nostra ambasciata e il nostro consolato”, ha spiegato il ministro.
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Nel frattempo, il caso di Cecilia Sala potrebbe diventare uno dei temi principali della visita del presidente americano Joe Biden in Italia. Biden sarà nel nostro paese dal 9 al 12 gennaio. Durante il viaggio, Biden incontrerà il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la premier Giorgia Meloni e Papa Francesco. E il tema della detenzione della giornalista sarà sicuramente al centro dell’attenzione degli incontri.
A Torino, i radicali hanno organizzato un sit-in davanti alla prefettura per chiedere al governo italiano di intervenire con urgenza. “L’ultima cosa da fare è stare in silenzio. Non siamo qui contro il governo italiano, ma gli chiediamo di fare l’impossibile”, hanno dichiarato i portavoce dei manifestanti.
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Anche il vicepremier Matteo Salvini ha espresso il suo sostegno. “Spero nel ritorno a casa di Cecilia Sala e conto che possa tornare presto dalla sua famiglia”, ha scritto sui social il ministro.
Il caso di Cecilia Sala continua a essere al centro dell’attenzione internazionale, con una trattativa che si sviluppa su più fronti. L’impegno del governo italiano e il coinvolgimento degli Stati Uniti rappresentano elementi fondamentali per sperare in una rapida soluzione. Tuttavia, la complessità delle dinamiche diplomatiche richiede tempo, riserbo e una gestione accurata di ogni passo verso la liberazione della giornalista.
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