Una vicenda incredibile che ha scosso non solo Cosenza ma tutto il paese, il rapimento di una neonata, Sofia, dalla clinica Sacro Cuore, si conclude con il ritrovamento e la restituzione ai genitori legittimi
C’è dell’incredibile, e molto da chiarire, sulla vicenda di Sofia, la bimba rapita ai genitori da una clinica di Cosenza e miracolosamente restituita ai genitori dopo alcune ore di pura angoscia.
La storia, però, è molto più complessa di queste poche righe introduttive. Anche perché purtroppo, per quanto ci faccia piacere pensare solo al lieto fine e a Sofia, i veri protagonisti della vicenda sono Rosa Vespa, 51 anni, e suo marito Acqua Moses, 43 anni.
I due avevano simulato una gravidanza per nove mesi per poi rapire un bimbo di altri e coronare il sogno di un figlio nel modo peggiore. Rischiano una condanna esemplare per un reato che in Italia non ha praticamente precedenti, non recentissimi e non attuati con tanta feroce determinazione.
La donna si era introdotta all’interno della clinica Sacro Cuore di Cosenza, nel reparto neonatale e fingendo di essere una puericultrice aveva preso la bimba dalle braccia della nonna: “Da quant’è che non la cambiamo? Tre ore? La dia a me, ci penso io….” Aveva detto alla mamma di Sofia prendendo la neonata in consegna.
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“Non vedendo tornare la piccola , ci siamo preoccupati e abbiamo chiesto informazioni. Ma nessuno in clinica sapeva nulla” racconta il giorno dopo Valeria Chiappetta. E da lì è iniziato un vero e proprio incubo. Nello sconcerto generale, perché nessuno in clinica sapeva spiegare come una persona sconosciuta e non autorizzata fosse riuscita a introdursi nella struttura e a uscire con una bimba di poche ore di vita in braccio.
Tutto è accaduto nel pomeriggio. Una volta scattata l’emergenza gli addetti hanno allertato la polizia e hanno cominciato a spulciare le immagini di tutte le telecamere. Una di queste vede la stessa donna che aveva preso Sofia dalle braccia della mamma posizionarla su un seggiolino: “Il marito la seguiva passo per passo – spiega Claudio Sole, ispettore della squadra mobile di Cosenza – poi si sono avvicinati a un’Alfa Romeo 147 grigia e si sono allontanati”.
È da qui che le indagini scattano immediatamente, con posti di blocco in tutta la città. Grazie alle riprese delle telecamere e all’identificazione del veicolo, la polizia raggiunge in pochi minuti l’abitazione dei rapitori a Castrolibero. “Quando siamo entrati, la scena era surreale: palloncini azzurri, dolci sul tavolo e fiocchi appesi per celebrare la nascita del loro ‘figlio’…”, racconta il commissario Gabriele Presti, uno dei primi a fare irruzione nell’appartamento.
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Sofia è stata trovata in una culla, vestita con una tutina azzurra, mentre Rosa Vespa tentava di cambiarle i vestiti per completare la messa in scena: “Appena entrati, ho chiesto dove fosse la bambina, e Rosa me l’ha indicata. L’ho presa in braccio e non l’ho più lasciata”, aggiunge Sole. Che immediatamente ha riportato la piccola in clinica per restituirla alla madre. Il tutto è durato qualche ora. Ma è stato un autentico incubo.
Dietro il rapimento si nasconde una storia di vera e propria ossessione. Rosa Vespa, laureata in architettura, desiderava disperatamente un figlio. Ci aveva provato e riprovato per anni, senza riuscirci. Poi, alcuni mesi fa, aveva avvertito parenti, amici e vicini di casa di essere incinta. E ha simulato una gravidanza, indossando abiti larghi e raccontando a tutti che sarebbe diventata madre di un maschietto, Ansel.
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L’8 gennaio, Rosa aveva persino pubblicato un post su Facebook: “Dopo tanta attesa, il nostro miracolo è arrivato! Alle ore 20:00 è nato Ansel. Mamma e papà ti amano!”.
Secondo i vicini di casa, Rosa Vespa era riuscita a convincere tutti grazie alla sua corporatura robusta e a racconti molto dettagliati di visite esami e acquisti. Per rendere credibile la storia – dopo l’8 gennaio, aveva giustificato l’assenza del bambino dicendo che era trattenuto in clinica per accertamenti.
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Tuttavia, la messa in scena non poteva durare per sempre, e Rosa ha deciso di rapire un neonato per completare il suo piano. Inizialmente pare avesse individuato un bimbo, sempre al nido del Sacro Cuore. Ma non era riuscito a prenderlo. Per poi puntare Sofia…
Il pomeriggio del sequestro, Rosa si è recata nella clinica con una mascherina che le copriva parzialmente il volto, fingendosi una vigilatrice d’infanzia. Dopo aver ottenuto la neonata dalla nonna, si è allontanata velocemente. Il marito, Acqua Moses, l’aspettava in auto: “Lui sostiene di non sapere nulla, ma era presente durante il rapimento – sottolinea il commissario Presti – ma saranno le indagini a chiarire in modo definitivo il suo reale coinvolgimento”.
Valeria Chiappetta e Federico Cavoto, genitori della piccola Sofia, hanno vissuto momenti di autentico terrore. “Non lascerò mai che questa donna si avvicini a mia figlia. Quei due devono restare in prigione” ha dichiarato Valeria tra le lacrime. Federico, invece, critica duramente la clinica: “Non c’è nessun controllo. Chiunque poteva entrare ed uscire. Siamo dei miracolati. Gli agenti di polizia sono stati straordinari, non potremo mai ringraziarli abbastanza….”
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Sofia è stata restituita ai genitori in buone condizioni di salute, ma il trauma di quelle ore rimarrà indelebile. “Siamo morti e risorti in poche ore. Mia figlia sta bene, ed è questo che conta. Ma io non potrò mai dimenticare quello che è accaduto” ha aggiunto Valeria che è tornata a casa con Sofia da poche ore… “Le racconteremo tutto? Forse sì – dice il papà – un giorno, quando sarà in grado di capirlo. Nella speranza che tutta questa angoscia ci passi…”
Gli investigatori stanno approfondendo la pianificazione del rapimento. “Crediamo che Rosa Vespa abbia fatto diversi sopralluoghi nella clinica nei giorni precedenti – afferma il commissario Presti. Tutto il sistema di accoglienza e sicurezza del Sacro Cuore è sotto esame: “È stato troppo facile per i rapitori entrare ed uscire con una neonata senza che nessuno intervenisse”, ha dichiarato il questore Giuseppe Cannizzaro.
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Inoltre, si indaga sulla possibilità che la coppia possa essere coinvolta in altri episodi simili: “Al momento non ci sono contatti tra i rapitori e la famiglia di Sofia. Sembra trattarsi di un caso isolato, ma le verifiche continuano” ha aggiunto Cannizzaro.
Caso isolato, ma non troppo. Nel 2007, una donna si finse infermiera per rapire una neonata dall’Ospedale San Giovanni Bosco di Napoli. Grazie all’intervento rapido della polizia, la bimba fu ritrovata solo poche ore dopo. Anche nel 2011, a Torino, una neonata venne rapita dal reparto maternità dell’Ospedale Sant’Anna, ma il rapimento fu sventato in breve tempo grazie alla videosorveglianza.
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Questi casi hanno in comune la disperazione dei rapitori, spesso donne che avevano perso un figlio o non potevano averne, e la rapidità con cui le forze dell’ordine hanno risolto l’emergenza grazie a tecnologie di sicurezza sempre più avanzate. Ma molti anni fa, quando le telecamere e i sistemi di videosorveglianza non esistevano, casi come questi erano molto più frequenti.
Anche a livello internazionale, casi del genere si sono verificati con dinamiche simili. Nel 2020, in India, un neonato fu rapito da una donna che si era spacciata per dottoressa in un ospedale di Mumbai. Il bambino fu ritrovato dopo 24 ore grazie alle telecamere di sorveglianza.
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Uno dei casi più eclatanti avvenne in Sudafrica nel 1998, quando una neonata di nome Zephany Nurse fu rapita dall’ospedale di Città del Capo. La verità emerse solo 17 anni dopo, quando la ragazza scoprì di non essere figlia biologica della donna che l’aveva cresciuta.
La vicenda ha scosso non solo la comunità di Cosenza, ma anche le istituzioni. La premier Giorgia Meloni ha elogiato l’operato della polizia: “Un plauso ai nostri uomini e donne in divisa per lo straordinario lavoro di squadra. Un abbraccio alla mamma e al papà, e un augurio di buona vita alla piccola Sofia!”.
Di quanto accaduto a Cosenza si continua a parlare. Non solo per mettere in luce l’estrema vulnerabilità di alcune strutture sanitarie, ma anche la complessità delle dinamiche psicologiche alla base di gesti così estremi.
Rosa Vespa e Acqua Moses sono ora sotto custodia, e il caso rimane aperto per chiarire ogni dettaglio.
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