Donald Trump e la politica sui dazi: la strategia economica che sfida il commercio globale

Le nuove politiche sui dazi di Donald Trump minacciano di sconvolgere il mercato internazionale, aumentando i costi per consumatori e imprese, ecco cosa sta accadendo e quali possono essere le implicazioni per i consumatori italiani

Donald Trump, da nemmeno un mese 47esimo presidente americano, torna a far discutere con la sua politica sui dazi, puntando a colpire con nuove tariffe le principali economie partner degli Stati Uniti: Messico, Canada e Cina.

Donald Trump
Molte critiche alla politica protezionistica sui dazi di importazione degli USA Credits ANSA (qnm)

Il provvedimento, che rappresenta una mossa senza precedenti per la sua ampiezza e aggressività, potrebbe ridefinire gli equilibri commerciali globali.

Trump e i dazi

Il presidente americano, convinto che i dazi siano “la più grande invenzione di sempre”, gioca una scommessa economica rischiosa, che potrebbe alterare profondamente il costo della vita e l’andamento del mercato. La scelta di Trump viene vista come una vera e propria ritorsione nei confronti dell’aggressività cinese.

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Ma anche come tutela e protezione nei confronti di Canada e Messico: da una parte il Canada ha una politica di forte protezione nei confronti delle auto e degli idrocarburi made in USA, il Messico invece continua a esportare mano d’opera a basso costo. E droga. E la prima crociata di Trump è proprio sul fronte della clandestinità e della lotta alle sostanze stupefacenti.

Le critiche del Wall Street Journal

Secondo molti esperti, la strategia tariffaria di Trump rischia di innescare effetti negativi non solo sugli scambi commerciali, ma anche sull’inflazione e sulla stabilità economica. Il Wall Street Journal ha definito questa decisione “la guerra commerciale più insensata della storia”.

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Cosa che ha scatenato la reazione del presidente americano che ha accusato il potente giornale economico americano di essere miope e schiavo delle grandi compagnie globali che vedono in questa operazione un rischio e non un’opportunità.

L’inasprimento delle tariffe e i mercati colpiti

Le nuove tariffe, imposte su beni provenienti da Messico, Canada e Cina, coprono un valore totale di importazioni pari a 1,4 trilioni di dollari, più del triplo dei 380 miliardi colpiti da provvedimenti simili durante il primo mandato di Trump. Tra i settori più esposti figurano quello automobilistico, l’agroalimentare e l’energia.

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Nel settore automobilistico, i dazi rischiano di far lievitare il prezzo di un’auto nuova fino a 3mila dollari, poiché le componenti attraversano più volte i confini prima dell’assemblaggio finale. Ogni componente un dazio. Con aumenti considerevoli sul prezzo finale…

“Imporre dazi fino al 25% sui nostri principali partner commerciali potrebbe distruggere l’industria nordamericana, da cui dipende anche l’economia statunitense” ha affermato Christine McDaniel, ex funzionario del commercio nell’amministrazione di George W. Bush.

Donald Trump
Donald Trump, il 47esimo presidente americano Credits ANSA (qnm)

I dazi di Trump: la reazione di Canada, Messico e Cina

Canada, Messico e Cina stanno adottando strategie diverse per contrastare i nuovi dazi imposti dagli Stati Uniti. Il Canada ha annunciato possibili ritorsioni economiche, puntando a tariffe su settori chiave come l’energia e l’automotive. Il Messico, principale fornitore di prodotti agricoli per gli USA, potrebbe limitare l’export di generi alimentari per mettere pressione sulla politica americana.

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La Cina, invece, sta intensificando accordi commerciali con altri paesi per ridurre la dipendenza dal mercato statunitense e rafforzare il proprio sistema produttivo interno. Ma i dazi sulla cina al momento sono del 10% rispetto a quelli molto più alti – 25%, sui prodotti provenienti da Messico e Canada.

Rincari per i consumatori e tensioni inflazionistiche

Uno degli effetti più immediati della politica tariffaria di Trump potrebbe essere l’aumento dei prezzi per i consumatori americani. Le tariffe imposte sui prodotti alimentari e sulle materie prime, infatti, incideranno direttamente sui prezzi al dettaglio.

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Il Messico, principale fornitore estero di frutta e verdura per gli Stati Uniti, subirà pesanti dazi sulle esportazioni, con un impatto diretto sui prezzi nei supermercati americani. Anche il Canada, leader nell’esportazione di grano, carne e zucchero, subirà conseguenze simili. Quindi alla fine i primi a rimetterci saranno i consumatori. Perché gli USA non possono fare a meno dei prodotti che arrivano da questi mercati: “Non si possono imporre tasse così elevate senza che queste si riflettano sui prezzi al consumo”, ha dichiarato Mary Lovely, economista del Peterson Institute for International Economics.

L’incognita petrolio

L’industria petrolifera ha già lanciato un appello alla Casa Bianca per evitare che i dazi colpiscano il petrolio canadese, fonte primaria di approvvigionamento per gli USA. La pressione dei dazi potrebbe infatti far aumentare i prezzi della benzina, in particolare nelle regioni del Midwest e dei Grandi Laghi.

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Anche gli analisti temono che l’aumento dei dazi possa generare una combinazione pericolosa di crescita economica rallentata e inflazione elevata. Secondo le stime di Gregory Daco, capo economista di EY, l’impatto delle nuove tariffe potrebbe ridurre il PIL degli Stati Uniti di 1,5 punti percentuali nel 2025 e di ulteriori 2,1 punti nel 2026.

Trump e i dazi: “Giocare con il fuoco”

L’aumento dei costi delle materie prime e delle merci importate potrebbe inoltre ridurre i consumi e scoraggiare gli investimenti, provocando effetti negativi sui mercati finanziari.

“L’amministrazione sta giocando col fuoco”, ha commentato Joe Brusuelas, capo economista di RSM.

Donald Trump
Trump al momento ha alzato i dazi per la merce proveniente da Cina, Messico e Canada Credits ANSA (qnm)

Il ruolo della Federal Reserve

Un altro elemento di incertezza riguarda la reazione della Federal Reserve. Se l’aumento dei dazi dovesse tradursi in un’impennata dell’inflazione, la banca centrale potrebbe decidere di mantenere i tassi d’interesse elevati più a lungo del previsto.

“Se le tariffe spingeranno le aspettative d’inflazione verso l’alto, la Fed potrebbe sentirsi obbligata a mantenere una politica monetaria restrittiva”, ha spiegato ancora Daco.

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I mercati finanziari stanno osservando con attenzione l’evolversi della situazione. Una prolungata incertezza potrebbe generare turbolenze, con effetti negativi sulla fiducia degli investitori e sulla stabilità dell’economia globale.

Il licenziamento di Rohit Chopra

Oltre alla politica sui dazi, Donald Trump sta pensando altre azioni estremamente forti. La prima potrebbe essere quella di uscire dall’OMC, l’organizzazione mondiale del commercio. E il primo passo in questo senso potrebbe essere la recentissima destituzione di Rohit Chopra, direttore del Consumer Financial Protection Bureau (CFPB).

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Un ulteriore cambiamento molto significativo nella regolamentazione economica del paese. Il CFPB è un’agenzia chiave per la tutela dei consumatori contro le pratiche scorrette delle istituzioni finanziarie.

Elizabeth Warren, senatrice democratica e sostenitrice storica del CFPB, ha criticato duramente la decisione di Trump: “Se il presidente decide di cedere ai miliardari di Wall Street e di distruggere l’agenzia, dovrà affrontare una dura battaglia”, ha dichiarato.

Ministro Tajani
Il ministro Antonio Tajani – Credits ANSA (qnm)

Trump e i dazi. L’Unione Europea è preoccupata

L’Unione Europea segue con crescente apprensione le nuove politiche tariffarie di Donald Trump, temendo ripercussioni sul commercio globale e sull’economia del continente. Il commissario europeo al commercio, lo slovacco Maroš Šefčovič, ha ribadito che Bruxelles non resterà a guardare nel caso in cui le esportazioni europee dovessero subire danni significativi.

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Antonio Tajani, ministro degli Esteri italiano ed ex presidente del Parlamento Europeo, segue con molta attenzione lo sviluppo della vicenda: “Se gli Stati Uniti penalizzano l’Europa con una nuova ondata di dazi, l’Unione è pronta a rispondere con misure proporzionate per difendere i nostri interessi. Ma noi dal nostro punto di vista possiamo essere un punto di riferimento importante, sia per gli USA che per l’Unione Europea.”.

Anche Bruxelles potrebbe infatti valutare l’introduzione di dazi di ritorsione su prodotti strategici americani, come già avvenuto in passato in risposta alle politiche protezionistiche di Washington.

Italia tra cautela e preoccupazione

Anche poiché le esportazioni italiane – auto, moto, cibo e vino con le nostre eccellenze, ma anche abbigliamento e design, potrebbero risentire pesantemente delle nuove barriere tariffarie imposte dagli Stati Uniti. Anche se al momento non si parla di dazi per paesi europei né per il nostro.

Il ministro Antonio Tajani ha sottolineato la necessità di un dialogo diplomatico per scongiurare contraccolpi economici: “Dobbiamo evitare un’escalation di tensioni commerciali che danneggerebbe le imprese italiane. Il protezionismo non è la soluzione, servono accordi equilibrati per tutelare il nostro Made in Italy. Siamo pronti a essere un partner e un mediatore nei dialoghi per una soluzione che sia un punto di contatto e non di rottura”.

Il governo italiano sta lavorando per mediare tra Washington e Bruxelles, cercando di limitare gli effetti negativi di una guerra commerciale su scala globale.

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