Con uno sviluppo decisamente clamoroso che ha scatenato molte polemiche, la Procura di Pavia ha riaperto il caso dell’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco quasi 18 anni fa
Era il 13 agosto 2007 quando il corpo senza vita di Chiara Poggi, studentessa universitaria di 26 anni, viene rinvenuto nella villetta di famiglia di Garlasco in provincia di Pavia.
A scoprire il cadavere il suo fidanzato dell’epoca, Alberto Stasi, anche lui studente universitario alla Bocconi. La ragazza giaceva in fondo alle scale di casa che portavano verso la cantina, colpita ripetutamente con un oggetto contundente, mai rinvenuto.
L’omicidio diventa immediatamente uno dei casi giudiziari più clamorosi e discussi d’Italia, tra prove controverse, perizie contestate e colpi di scena. Dopo una lunga serie di processi e ribaltamenti di sentenze, nel 2015 Alberto Stasi viene condannato in via definitiva a 16 anni di carcere per l’omicidio di Chiara. Unico indagato e unico colpevole secondo il tribunale di Pavia. A dispetto del fatto che Stasi non solo non ha mai ammesso alcuna responsabilità ma ha sempre ribadito la propria assoluta estraneità a quanto accaduto all’interno della villetta.
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Un verdetto clamoroso che tuttavia non ha mai del tutto sopito i dubbi attorno alla vicenda che di tanto in tanto ha di nuovo alimentato le pagine di cronaca. Come quando nel 2017 Stasi raggiunge un accordo in sede civile con la famiglia di Chiara risarcita con 700mila euro nonostante il fidanzato abbia continuato a dichiararsi innocente.
Oggi la Procura di Pavia ha deciso di riaprire il caso. E Andrea Sempio, amico di Marco, il fratello di Chiara, risulta indagato per omicidio in concorso con ignoti dopo che nuove analisi genetiche avrebbero rivelato una compatibilità tra il DNA trovato sotto le unghie della vittima e quello del giovane, oggi 37enne.
Nel 2007, la ricostruzione degli eventi fornita da Alberto Stasi era stata chiara: quella mattina Stasi si era recato a casa della fidanzata – i genitori erano assenti, in vacanza – con il programma di lavorare alla sua tesi di laurea. Ma aveva trovato la porta d’ingresso socchiusa e, una volta entrato, aveva visto il corpo della ragazza in fondo alle scale in un lago di sangue. Senza avvicinarsi al corpo, nemmeno per rendersi conto se Chiara fosse ancora viva, Stasi dichiarò di aver chiamato subito i soccorsi.
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Sin dalle prime fasi dell’inchiesta, però, emersero dubbi sulla sua versione. Nonostante la scena del crimine fosse cosparsa di sangue, Stasi non presentava tracce ematiche né sulle scarpe né sui vestiti. Inoltre, nel suo racconto c’erano incongruenze temporali tanto che anche il suo stesso alibi venne messo in discussione.
A complicare il quadro ci fu la scoperta di materiale pedopornografico sul computer di Stasi, che contribuì a renderlo agli occhi dell’opinione pubblica una figura controversa, pur senza una connessione diretta con l’omicidio.
L’iter giudiziario del processo fu lungo e complicato. Alberto Stasi venne prima assolto in due gradi di giudizio per insufficienza di prove, ma la Cassazione annullò la sentenza e ordinò un nuovo processo. Nel 2015, dopo una perizia più accurata sulle scarpe, le suole e i movimenti digitali sul suo computer, Stasi fu condannato in via definitiva a 16 anni di carcere.
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Nonostante le sue dichiarazioni di assoluta innocenza e nonostante l’arma del delitto non sia mai stata rinvenuta. Emersero anche alcune incongruenze sulle modalità delle indagini e su alcuni episodi molto controversi. Ad esempio la presenza del gatto di casa, anche diversi giorni dopo il crimine. Un chiaro elemento di contaminazione sulla scena del delitto.
Nel 2016, su richiesta della difesa di Stasi, venne riaperta un’indagine parallela su Andrea Sempio, amico di Marco Poggi che all’epoca aveva libero accsso alla villetta di Garlasco e che lavorava anche lui al computer per motivi di studio. Il suo nome comparve quando tracce del suo DNA furono individuate sotto le unghie della vittima.
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Secondo la difesa di Stasi, quel ritrovamento poteva cambiare tutto, poiché indicava la presenza di un altro soggetto sulla scena del crimine. Tuttavia, nel 2017 la Procura archiviò il caso, sostenendo che il DNA di Sempio poteva essere finito sulle mani della vittima in modo indiretto, ad esempio proprio attraverso la tastiera del computer che gli amici usavano in condivisione per giocare e per motivi di studio.
Dopo quasi due decenni, la Procura di Pavia ha deciso di rianalizzare il DNA trovato sotto le unghie di Chiara Poggi e di confrontarlo con nuove tecnologie. Con il risultato che Andrea Sempio è stato ufficialmente iscritto nel registro degli indagati per omicidio in concorso con ignoti.
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La svolta è arrivata grazie a nuove analisi affidate al genetista Carlo Previderé, esperto che aveva lavorato anche sul caso di Yara Gambirasio, la ragazzina di Brembate rinvenuta morta tre mesi dopo la sua scomparsa, avvenuta nel novembre 2010. Un caso altrettanto clamoroso per il quale dopo una lunga ricostruzione sul codice del DNA venne condannato in via definitiva all’ergastolo il muratore bergamasco Massimo Bossetti.
Oltre alla questione dei residui genetici, con Sempio che ha accettato di collaborare presentandosi in caserma accompagnato dai suoi legali per il prelievo di un campione di DNA, gli inquirenti stanno riesaminando altri indizi mai del tutto chiariti. Tra questi alcune telefonate sospette: secondo i tabulati tra il 4 e l’8 agosto 2007, Sempio chiamò tre volte la casa dei Poggi.
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Secondo la difesa Sempio stava cercando Marco Poggi che tuttavia era in vacanza da giorni. Gli investigatori si chiedono invece se quelle telefonate fossero indirizzate a Chiara che era sola in casa. C’è poi la questione di un biglietto del parcheggio di Vigevano conservato per un anno e usato come alibi. Tuttavia alcune celle telefoniche non confermerebbero la sua presenza a Vigevano nelle ore prossime al delitto. Nuove evidenze si cercano anche in bagno dove il killer si sarebbe lavato le mani dopo l’omicidio.
L’indagine ha spaccato l’opinione pubblica. La famiglia Poggi, fino ad oggi chiusa nel silenzio, sta reagendo alla nuova ondata di notizie e di clamore mediatico con compostezza. Ma anche con rassegnazione…
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Dall’altra parte, la difesa di Stasi è tornata a valutare una possibile revisione del processo. Se il DNA di Sempio fosse ritenuto un elemento determinante, il caso potrebbe subire un clamoroso ribaltamento. Il legali di Sempio, che parla di ‘macchinazione’ sarebbe stato querelato per diffamazione dagli ex avvocati di Stasi.
Nel frattempo, l’inchiesta è ancora in corso e gli investigatori stanno rianalizzando tutti i reperti raccolti sulla scena del crimine. Gli esiti del test genetico saranno fondamentali per il futuro giudiziario di Sempio.
Dopo 18 anni, il caso di Chiara Poggi resta uno dei più controversi della cronaca italiana. Alberto Stasi è stato condannato, ma le nuove indagini potrebbero riscrivere la storia del delitto di Garlasco.
Gli inquirenti stanno valutando tutte le possibilità, cercando di capire se Sempio sia realmente coinvolto o se si tratti di un altro vicolo cieco. L’unica certezza è che, dopo quasi due decenni, la ricerca della verità è ancora un capitolo aperto…
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