Israele ha ripreso le ostilità su Gaza con attacchi su vasta scala, causando oltre 400 morti e centinaia di feriti
Mentre proseguono i tentativi di dialogo tra Russia e Stati Uniti per raggiungere una tregua in Ucraina, riprendono le operazioni di Israele nella Striscia di Gaza con una serie di raid aerei e bombardamenti di artiglieria che hanno colpito l’intero territorio palestinese.

Secondo fonti del Ministero della Sanità di Gaza, controllato da Hamas, il bilancio delle vittime supera i 400 morti, i feriti sarebbero alcune centinaia.
Israele attacca Gaza
L’offensiva arriva dopo settimane di minacce da parte del governo israeliano, che accusa Hamas di aver ripreso il controllo del territorio ostacolando e ritardando il rilascio degli ostaggi che dovevano essere liberati giorni fa e che sono ancora in mano ai militanti.
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L’intensità dell’ultimo attacco iniziato nella giornata di ieri è una delle più intense dall’inizio del conflitto, con una serie di incursioni mirate nei principali centri abitati di Gaza. Ospedali e squadre di soccorso segnalano difficoltà nel gestire l’enorme afflusso di feriti, mentre interi quartieri risultano rasi al suolo.
Le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno dichiarato che l’operazione continuerà fino a quando gli obiettivi strategici non saranno stati raggiunti. Nel frattempo, centinaia di migliaia di persone si stanno spostando verso il sud della Striscia in cerca di riparo, in una situazione umanitaria che si fa sempre più drammatica di ora in ora.
Le ragioni dell’offensiva
Secondo le autorità israeliane, l’obiettivo primario dell’offensiva è colpire i leader di Hamas e favorire il rilascio degli ostaggi. Tuttavia, molti familiari degli ostaggi hanno vivacemente contestato questa strategia, sostenendo che un’intensificazione della guerra possa solo mettere a rischio la vita dei prigionieri ancora detenuti molti dei quali non si sa nemmeno se sono ancora vivi.
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Dal punto di vista logistico, Israele avrebbe atteso di accumulare risorse prima di riprendere l’offensiva. Le scorte di munizioni sono state ripristinate, anche grazie al supporto degli Stati Uniti memtre i servizi segreti acquisiano nuovi obiettivi strategici e militari.
Israele su Gaza: “Risolveremo con il fuoco”
Le fonti militari israeliane affermano che l’organizzazione di Hamas si sia ristrutturata nel corso delle ultime settimane, approfittando della tregua per riorganizzare le proprie forze e rafforzare le linee difensive. Sarebbe proprio questo uno degli aspetti che ha spinto il governo Netanyahu a riprendere gli attacchi, dichiarando che non si sarebbe più trattato con Hamas se non sotto il fuoco.
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L’attacco avviene 16 giorni dopo la scadenza della prima fase della tregua siglata a gennaio, che prevedeva un cessate il fuoco in tre fasi, con il ritiro totale delle forze israeliane e il rilascio di tutti gli ostaggi in mano a Hamas. Tuttavia, i negoziati indiretti tra le parti sono falliti.

La questione ostaggi
Hamas accusa Israele di aver violato l’accordo, rifiutandosi di passare alla fase successiva del cessate il fuoco e proponendo invece un’estensione della prima fase per altri 30-60 giorni, a patto che venissero rilasciati nuovi ostaggi in cambio di prigionieri palestinesi. Hamas ha respinto questa proposta, mentre Israele sostiene che siano stati i militanti islamisti a interrompere il processo.
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Nel frattempo, la comunità internazionale assiste con crescente preoccupazione allo scambio di accuse e all’intensificarsi delle tensioni e degli scontro.
Mentre gli Stati Uniti continuano a sostenere l’operazione israeliana, l’Unione Europea e l’ONU chiedono un ritorno ai negoziati per evitare ulteriori perdite di vite umane.
Le critiche a Netanyahu e le implicazioni politiche
L’opposizione e alcuni analisti ritengono che la ripresa dell’offensiva sia motivata anche da ragioni politiche interne. Secondo molti critici, il primo ministro Benjamin Netanyahu non avrebbe mai avuto l’intenzione di passare alla seconda fase della tregua, che prevedeva il ritiro delle forze israeliane da Gaza. Sarebbe stato proprio il timore di lasciare il territorio sotto il controllo di Hamas a spingere Israele a mantenere e intensificare la pressione militare sui territori di Hamas.
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In tutto questo il supporto incondizionato dell’amministrazione Trump ha reso più agevole il rilancio dell’offensiva. Sul fronte interno, Netanyahu sta affrontando un periodo critico: ha bisogno dell’appoggio dei partiti di destra per ottenere voti cruciali in Parlamento e mantenere il governo. Si tratta proprio dei gruppi politici che si sono sempre opposti a una tregua permanente e in questo senso la ripresa della guerra garantirebbe a Netanyahu il sostegno necessario almeno nel breve termine.
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La crescente pressione politica è aggravata anche dai processi per corruzione che coinvolgono il primo ministro, che potrebbe affrontare pene detentive se giudicato colpevole. La ripresa della guerra, secondo alcuni, potrebbe essere un tentativo di distogliere l’attenzione dalle questioni interne.
Emergenza umanitaria
Le organizzazioni umanitarie parlano di un’emergenza sempre più grave nella Striscia di Gaza. La pausa nei combattimenti aveva permesso un consistente afflusso di aiuti, ma la situazione è nuovamente precipitata con il blocco totale imposto da Israele due settimane fa. Israele sostiene che Hamas stesse utilizzando gli aiuti per scopi militari, mentre Hamas nega le accuse.
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Le scorte di beni essenziali nei negozi e nei magazzini umanitari potrebbero durare ancora circa tre settimane, ma la ripresa delle ostilità rende estremamente difficile la distribuzione degli aiuti.
Le Nazioni Unite hanno lanciato un appello per un nuovo cessate il fuoco umanitario, sottolineando il rischio di una catastrofe sanitaria. Con la maggior parte delle strutture mediche già al collasso, l’assenza di forniture mediche essenziali rischia di peggiorare la situazione.

Israele e Gaza, nuova escalation?
Gli ufficiali israeliani hanno dichiarato che gli attacchi attuali sono solo l’inizio di una campagna più ampia, che proseguirà fino alla liberazione di tutti gli ostaggi ancora nelle mani di Hamas. Secondo fonti di Tel Aviv, più della metà dei 59 ostaggi ancora prigionieri sarebbero già morti.
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Il conflitto appare destinato a intensificarsi ulteriormente, con nuovi bombardamenti e possibili operazioni di terra. Con il fallimento dei negoziati e il deterioramento delle condizioni umanitarie, il ritorno a un cessate il fuoco appare improbabile nel breve termine.
Tensione e incertezza
Il riaccendersi della guerra tra Israele e Hamas segna la fine definitiva di una fragile tregua. Mentre i bombardamenti si intensificano, la situazione umanitaria a Gaza si aggrava e il futuro del conflitto resta incerto. La comunità internazionale resta divisa, con alcuni governi che sostengono Israele e altri che chiedono una fine immediata delle ostilità. Tuttavia, senza una soluzione politica concreta, la pace sembra ancora lontana.